Cerchiamo di capire e approfondire cosa si intende per Disturbo del linguaggio e della comunicazione
Disturbo del linguaggio e della comunicazione primario
I disturbi della comunicazione e del linguaggio rappresentano i disturbi di sviluppo più frequenti tra i 2 e 6 anni di età e si definiscono con persistente difficoltà nell’acquisizione e nell’uso di diverse modalità di linguaggio non attribuibili a deficit sensoriali, a disfunzioni motorie o altre condizioni mediche o neurologiche. Sono quindi caratterizzati da difficoltà differenti per qualità e gravità nella comprensione, produzione e uso del linguaggio. Seguendo la nuova edizione del manuale diagnostico dei disturbi mentali (DSM V) vengono inclusi nei disturbi della comunicazione il Disturbo del linguaggio, fonetico e fonologico, della fluenza, della comunicazione sociale pragmatica, non altrimenti specificato (nas).
Non entreremo nel dettaglio di questi aspetti poiché I-SPK prende in considerazione maggiormente il disturbo della comunicazione e del linguaggio secondario; ciononostante l’equipe rimane a disposizione per progetti individualizzati.
Disturbo del linguaggio e della comunicazione secondario
Se non si tratta di disturbo primario allora la diagnosi differenziale va fatta su un piano medico, sensoriale o neurologico. In tal caso parliamo di:
- Assenza della comunicazione e del linguaggio come sintomo secondario ad una patologia medica\neurologica
- Deficit uditivo o strumentale di altro tipo
- Disturbo generalizzato dello sviluppo
- Insufficienza mentale o ritardo cognitivo
- Problemi di attenzione; carenza di motivazione, problemi affettivi
- Ritardo secondario, il quale sta a significare che il sintomo, ritardo o assenza di linguaggio, di verbalità o di comunicazione, è da riferirsi ad una lesione organica del Sistema Nervoso Centrale o dei sistemi senso-percettivi o degli effettori periferici.
E’ questa l’area in cui I-SPK si muove, ovvero ci occupiamo principalmente del disturbo della comunicazione e del linguaggio che ha origine neurologica o sindromica. Sarebbe più corretto parlare di ASSENZA DI LINGUAGGIO VERBALE e deficit della comunicazione, poiché in molti casi il bambino non è assolutamente in grado di parlare.
In letteratura riscontriamo l’assenza di Linguaggio in diverse sindromi genetiche, tra cui:
Angelman, Cri Du Chat, West, Coffin Siris, Landau-Kleffner, Rett, Cornelia De Lange, George, Weaver, Phelan McDermid, ….
Tante invece sono le diagnosi non fatte, per cui molti bambini con un quadro cognitivo e psichico compromesso non trovano riscontro in letteratura. I-SPK non si ferma alla diagnosi poiché saremo direttamente noi a elaborare un’anamnesi sulla base delle risorse e dei limiti del piccolo. Se quindi non avete una diagnosi accertata o non sapete se vostro figlio può accedere al programma o meno non vi fate scrupoli, contattateci!
Per un approfondimento delle sindromi rare che annoverano assenza del linguaggio parlato potete leggere l’approfondimento
Linguaggio e comunicazione
Spesso questi due concetti si sovrappongono come è giusto che sia, mai noi vogliamo per un attimo distinguere queste due aree: per LINGUAGGIO intendiamo la capacità di esprimersi attraverso la parola, il segnato o la scrittura in modo coerente e articolato, mentre per COMUNICAZIONE intendiamo la facoltà di mettersi in relazione con l’altro attraverso gesti, sguardi, comportamento e altro.
Un bambino di un anno che indica in oggetto al genitore per prenderlo sta comunicando perché attraverso quel gesto è chiara l’intenzione del piccolo. La comunicazione è un prerequisito dello sviluppo del linguaggio parlato, è una fase in cui già da neonati, superati i due tre mesi di vita, si scopre l’esistenza dell’altro e all’altro si attribuisce una sua volontà autonoma grazie alla quale può diventare il mezzo, per il piccolo, di raggiungere uno scopo.
Spesso i bambini non verbali non solo non parlano ma non entrano neanche in relazione con l’altro. Per questo motivo il metodo I-SPK si preoccupa prima della COMUNICAZIONE e poi del LINGUAGGIO. Per lo stesso motivo parliamo di ABILITAZIONE e non di RIABILITAZIONE proprio perché questi bambini non sono mai entrati in relazione. Il nostro metodo non è un esercizio o un compito che il bambino deve fare, ma un’analisi del perché questo bambino non parla, perché sceglie di non entrare in relazione. Solo attraverso questo, solo riuscendo ad entrare in quello specifico canale il bambino si sentirà sicuro nel potersi mettere in relazione. Questo passaggio determinerà poi la possibilità di acquisire una Lingua, che sia verbale -se la condizione medica lo permette- o segnica.
Attraverso il progetto I-SPK abilitiamo il linguaggio e la relazione attraverso la Lingua dei Segni (LIS), creando un protocollo di intervento per ogni bambino e bambina.
Il nostro progetto non riabilita, ma abilita al linguaggio e alla comunicazione.
Abbiamo scelto di scrivere ABILITARE AL LINGUAGGIO e non riabilitare perché non crediamo nell’educare nuovamente, eliminando gli effetti di un’educazione sbagliata o carente o riacquisire la funzionalità parziale o totale della facoltà carente, bensì crediamo nell’abilitare una facoltà, quella del linguaggio e della comunicazione.
Avere un deficit neurologico che non permette di parlare non solo limita lo strumento comunicativo ma destabilizza il processo di relazione alla sua base.
Nel primo anno di vita, finché il piccolo non sa parlare, genitore e neonato trovano diversissimi modi di sintonizzarsi, grazie ai quali il caregiver pian piano anticipa i segnali del piccolo interpretando i suoi bisogni. Quante volte vi siete trovati nell’impasse di non capire cosa voleva vostro figlio?
Questa impasse si risolve facilmente grazie alla “naturale” acquisizione del linguaggio, che normalmente avviene nei primi tre anni di vita del bambino. Vi sono però alcuni casi in cui questa “naturale” acquisizione è compromessa: venendo a mancare la facoltà comunicativa, risulta carente anche la possibilità di dare/ricevere feedback e di conseguenza lo scambio verbale tra genitore e figlio diventa un’illusione.
Nei deficit gravi ci si chiede se il bambino o l’adulto riceva realmente i messaggi che gli vengono trasmessi, mettendo in discussione quindi la base dell’interazione.
Frustrazione e impotenza la fanno da padrone ritrovandoci costantemente nell’esercizio di tradurre uno sguardo, un mezzo sorriso, un movimento come messaggi verbali. Spesso inoltre accade che in patologie complesse l’assenza del linguaggio verbale viene considerata solo una delle varie caratteristiche della persona, come se, su una scala di gravità, non occupasse il giusto posto.
“Ma mia figlia neanche si veste da sola!”
“E’ possibile che mio figlio viva solo fino a 10 11 anni?”
“La sua motricità è troppo ridotta per comunicare”
“Ha una lesione all’aerea di Broca, non può comunicare”
La facoltà comunicativa non deve essere inserita nel calderone della patologia, va presa in considerazione come base del processo di sviluppo di qualsiasi essere umano.
Per questo il progetto I-SPK pensa ad abilitare al linguaggio, ovvero dare la possibilità di comunicare e di entrare in relazione.
Il nostro metodo elettivo è la Lingua dei Segni, vuoi saperne di più? https://www.iosepossokomunico.it/lingua-dei-segni-italiana/
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